RISPOSTA DI GIUSEPPE LALLI A FERNANDO ACITELLI PER L’ARTICOLO “PICCOLE GRANDEZZE”

 

RISPOSTA DI GIUSEPPE LALLI A FERNANDO ACITELLI PER L’ARTICOLO

“PICCOLE GRANDEZZE”.

 

Caro Nando,

     ho letto fino in fondo e quasi rapito i tuoi ricordi estivi ad Assergi, che a tratti recano accenti vagamente proustiani, sempre, in ogni caso, espressi con uno stile molto personale e accattivante e con una scrittura immaginifica e nello stesso tempo sorvegliata (hai saputo dare un’anima al gatto e persino alla vecchia radio). Intrigante è poi l’uso, discreto ma efficace, che fai del dialetto assergese, che riproduci addirittura nell’accezione più antica: “cant u foche” per dire “accanto al fuoco”. La scena poi del caffè al letto mi ricorda da lontano quella dell’incipit di Natale in casa Cupiello  , con Pupella Maggio che dice « Soset’ Lucarié ke song e’ nov’ ».

   Ho avuto l’impressione che le tue vacanze assergesi in casa di tua nonna (zia Maria, che ricordo donna attenta e discreta), benché si limitassero a un mese all’anno, abbiano assunto nella tua memoria – ma oso pensare nella tua vita – un peso specifico assai grande. Sono i misteri e i tesori del passato, come tu magistralmente illustravi in uno scritto precedente.

    Le memorie, cui, chi più chi meno, indulgiamo volentieri quando la vita volge al declino e vagano nell’anima «l’alte malinconie del dì che fugge», come accadeva a tuo nonno Lorenzo e ad Abramo, hanno la capacità di resuscitare in noi la parte migliore. Sono fantasmi, ma fantasmi vivi e luminosi, fantasmi belli: quelli della giovinezza, quelli vestiti a festa; sono una forza tranquilla, un fiume che scorre placido, un vento che lambisce il nostro viso senza mai diventare tempesta. Sono anche frammenti che si cercano e si attraggono l’un l’altro, con l’inconfessato desiderio e l’oscuro presentimento di ricomporsi, perché destinati ad una nuova vita.

    La poesia della vita che tu, caro Nando, riesci ad intercettare cos’è se non un’infanzia che non vuol passare e un’estate che non vuol finire?

    Da quelle giornate assergesi facevi il pieno di energia, che tu sapevi ti sarebbe stata sufficiente per un intero anno anche se non ti bastava, allora, per vincere le olimpiadi 1970-72 che si svolsero nel nostro villaggio tra “La svòta” e “J’ort’ Chiccon”. Bella ed intrigante è la descrizione delle performance dei partecipanti, con i loro caratteri, che ci fai vedere già abbozzati, da Jean Paul Moscardi, francesino elegante e socievole, a Gianni Sansoni, già allora affascinante e spericolato trampoliere.

    Ti sono grato per aver menzionato Pulcheria Lalli, saggia cognata di zia Maria e che per me è stata come e più di una nonna.

     In passato ti ho letto poco, e me ne rammarico, anche se ti ho seguito. Avrei dovuto, seguendo il  consiglio di Paul Léautaud, leggerti di più, così avrei imparato a...scrivere meglio. Ho scherzato, naturalmente. Ogni tanto mi concedo un po’ d’ironia...lalliana. In realtà, da molto tempo non ti “riveggo”, ma assai volentieri ti rileggo, e così imparo, io modesto scrivano di provincia.

   

       Un caldo abbraccio da Peppino.



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