CONDIVISIONE DI DOLORI CHE SI INTRECCIANO

- di Chiara Di Fabio -

Nessuno di noi avrebbe mai immaginato due mesi fa il dramma che stiamo vivendo, che ci saremmo ritrovati nelle stesse condizioni della città cinese epicentro del focolaio del virus, lontanissima da noi e della quale forse ci importava anche poco. Si perché fin quando non succede a te non puoi toccare con mano la realtà nuda e cruda.

Tutto ciò ha il sapore amaro di un déjà-vu vissuto proprio questa notte, la notte del 6 Aprile di 11 anni fa nella quale un violento terremoto metteva in ginocchio la nostra terra, L'Aquila.

Oggi come allora la città è vuota, silente, le strade sono deserte.

Oggi come allora, ignari della sciagura che di lì a poco si sarebbe abbattuta su di noi. Un terremoto di quella portata così pericolosamente lontano perché sconosciuto fino a quella notte, da non realizzare in un primo momento cosa fosse, tant'era sovrumana la potenza con la quale scuoteva tutto.

Poche decine di secondi bastano a sconvolgere vite, a distruggerle, a strappare ciò che di più caro avevi fino a un istante prima spazzandolo via assieme alle macerie.

Due tragedie, quella che noi aquilani abbiamo vissuto e quella che noi italiani stiamo vivendo, che oggi si intrecciano fatalmente, nel giorno del triste anniversario, come se il destino beffardo volesse farcele (ri)vivere entrambe.

Questa notte non ci sarà la fiaccolata commemorativa per la prima volta dopo 11 anni ma ci saranno ugualmente tante luci accese ad onorare le troppe persone che ci hanno lasciato, anche di nascosto senza il conforto di un ultimo sguardo.

A L'Aquila che ancora una volta resiste.

 



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