Checco Zalone sbanca il botteghino, a quota 14 milioni nei primi due giorni

 

 

 

 

Checco Zalone concede il bis: en plein al box office anche nel secondo giorno di programmazione e altri 7 milioni scarsi incassati da “Quo vado?”, per un totale di quasi 14 milioni. Il nuovo film del comico pugliese, dopo 48 ore in sala, sembra già destinato a stracciare tutti i record di incassi in Italia e superare il primato dello stesso Zalone che nel 2013, con “Sole a catinelle”, incassò quasi 52 milioni di euro diventando il secondo incasso di sempre in Italia (dietro “Avatar” che totalizzò 67,7 milioni nel 2009).

Continua la sua cavalcata di battute dense, luoghi comuni, paradossi, e punture di spillo. Questa volta il motore del film è la fissa del “posto fisso”: un must del made in Italy.

Il segreto del successo di Checco, che sembra far arrovellare critici e controcritici, è più banale di quel che si può credere. Fa ridere senza mettersi in posa da intellettuale e così conserva uno sguardo naturale sulla realtà. Luca Medici, alias Checco Zalone, e il suo regista, Gennaro Nunziante (ve lo ricordate il prete del film Casomai (2002)?), sono due che questo sguardo sulla realtà sembrano non averlo perso.

Dopo la riforma che cancella le Province l’impiegato Checco, con posto fisso all’ufficio caccia e pesca, viene mobbizzato da una dirigente del ministero, la brava Sonia Bergamasco, che tenta in tutti i modi di farlo dimettere. Ma lui, fedele alla linea del posto fisso, condito di tutti i luoghi comuni del caso, non molla. Finendo perfino in Norvegia, patria della “civiltà”, dove non si suona al semaforo, non si parcheggia in doppia fila e le famiglie sono allargatissime ed ecumeniche. Checco, ovviamente, si innamora di una giovane ricercatrice italiana, interpretata da Eleonora Giovanardi, che ha la sua bella allargatissima famiglia: tre figli da tre compagni diversi, un figlio prega Allah, l’altra Buddha e uno si dichiara fieramente “ateo”. L’ultimo compagno dell’emancipata e civilizzata ricercatrice si risposa in un matrimonio gay con i controfiocchi. Di fronte a tutto questo Checco sente che deve civilizzarsi.

Ma nulla può contro la potenza della reunion di Albano e Romina al Sanremo 2015, è la goccia che fa traboccare il vaso. Sulle note di “Nostalgia canaglia”, tema musicale di rivincita e riscatto, Checco decide che è ora di strombazzare al semaforo, parcheggiare in doppia fila. E tornare in Italia.

Lasciamo il finale per chi vuole andare al cinema, ma diciamo che Checco non ci sembra né di destra, né di sinistra, si muove lieve mettendo a frutto la sua indubbia capacità di guardare la realtà alla maniera dei grandi comici. Con la differenza, lo ripetiamo, che non ci sembra voglia iscriversi alla schiera dei comici di regime, di qualunque colore si voglia. Certo, il film non è poi così politicamente scorretto come molti scrivono e pensano, ma almeno lascia la possibilità di riflettere senza cedere subito al tic culturale di gran moda.

L’inno alla Prima Repubblica, quella “che non si scorda mai”, quando “per un raffreddore ti davano quattro mesi alle terme di Abano”, è il pezzo alla Celentano che chiude il film. Un pezzo da nostalgia canaglia. Che ti riporta a quel “paese che sogna e che sbaglia, ma se chiedi poi tutto ti dà”. Inguaribili italiani, non saremo mai finlandesi. E non è detto che sia un problema.



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